In questi giorni, con le ferie agli sgoccioli, il pensiero vola già ai progetti del dopo-vacanze.
Che siate già rientrati oppure no, anche a voi ogni tanto capita di pensare a cosa succederà questo autunno, quando le ferie saranno finite e la sindrome da rientro sarà dietro l’angolo?
Quest’anno, poi, è un anno particolare: chiacchierando in giro, ho notato che tanti aspettano a fare programmi, sospesi tra quelli che sarebbero i soliti step del dopo-vacanza (rientro dalle ferie, ritorno a scuola, inizio delle solite routine) e un sentimento di indefinibile attesa, insicuri se sarà davvero possibile riprendere tutto come se niente fosse.
Perché, diciamoci la verità, un po’ questa pandemia ci ha inchiodati in una specie di limbo: da un lato quello che siamo sempre stati, da un lato quello che vorremmo essere ma non siamo ancora.
Io, per esempio, del mio lavoro ho sempre amato la relazione interpersonale, incontrare le persone esattamente lì dove si trovano, compresi eventuali postumi di infortuni, doloretti vari o stati d’animo particolari, ed era bello vedere il cambiamento avvenire proprio sotto i miei occhi, nel corpo e nello spirito.
Adesso tutto questo deve fare i conti con le classi contingentate, le lezioni virtuali, la distanza fisica.
Come fare per colmare questa distanza tra quello che eravamo e quello che saremo?
Quando mi trovo di fronte a questa domanda, che un po’ mi inchioda fra passato e futuro, scelgo sempre di pensare non con la testa, ma con i piedi…..
“…..Cioè????”, direte voi.
Cioè provare a immaginare questa distanza progettuale, questo limbo psicologico, come un pezzetto di strada che stiamo percorrendo: tra il punto dove poggiavano i miei piedi prima e il punto dove poggeranno dopo c’è il punto in cui mi trovo esattamente adesso, ed è da qui che devo necessariamente ripartire.
È un concetto alla base delle pratiche di mindfulness (concentrarsi sul momento presente), ma io trovo che immaginarlo da un punto di vista fisico lo renda molto più concreto e alla nostra portata: non c’è passo in avanti che possiamo fare se non quello successivo a quello dove siamo adesso.
A volte quel passo richiede tutta la nostra intenzionalità.
Perché il punto non è tanto dove ci ha inchiodati la pandemia, ma se abbiamo voglia di continuare nella stessa direzione in cui stavamo andando e verso cui la pandemia ci ha (temporaneamente) bloccati.
Da questo punto di vista, io considero la pandemia un dono: essere costretti a fermarci ci dà ora la possibilità di scegliere in che direzione ripartire. La pausa un attimo prima del prossimo passo.
Cosa vedo da dove mi trovo adesso? Mi piace quello che vedo di fronte a me? È lì che voglio andare? È lontano, ho la voglia e le energie per arrivarci?
Oppure, ora che mi sono fermato un attimo, se giro la testa noto una stradina secondaria che mi incuriosisce, che prima non avevo visto: mi porterà lontano dalla strada principale? Sono disposto a perdermi per esplorare qualcosa di nuovo?
Magari è proprio quello che voglio: vedere posti nuovi!
Ora che sono fermo, sento anche dove appoggiano i miei piedi: è un terreno stabile o sconnesso? È un bel posto oppure no? In fondo ci sono arrivato perché ho scelto di camminare fin qui. Era qui che volevo arrivare? E se tornassi indietro? Si può decidere di tornare indietro, dopo aver fatto tanti passi in una direzione, se ci si rende conto che dove siamo arrivati non è dove volevamo essere?
Che bello poter immaginare la nostra Vita come una strada su cui muoversi, vero? Le sensazioni fisiche sono le più sincere ed affidarsi a loro ci riporta all’essenza di noi stessi.
Riappropriarsi del proprio Corpo significa riappropriarsi della propria libertà di scegliere..
Buona Strada (come si salutano gli Scout quando si incrociano sullo stesso cammino) e buon rientro dalle ferie… con meno stress e una carta da giocarvi in più!
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